Giulio Cesare, oltre ad essere stato un grande condottiero romano e ad aver svolto un ruolo molto importante nel passaggio dalla fase repubblicana alla fase imperiale, fu anche uno scrittore.
La sua opera più famosa è intitolata La guerra Gallica (il titolo originale è De bello Gallico).
È stata scritta fra il 58 e il 50 a.C., quindi durante la conquista della Gallia, ed è composta di otto libri. Nel libro IV Cesare ci parla dei “barbari”, descrivendo le abitudini di vita degli Svevi.
Gli Svevi, tra tutti i Germani, sono il popolo più numeroso ed agguerrito in assoluto. Si dice che siano formati da cento tribù: ognuna fornisce annualmente mille soldati, che vengono portati a combattere fuori dai loro territori contro i popoli vicini. Chi è rimasto a casa, provvede a mantenere sé e gli altri; l’anno seguente si avvicendano: questi ultimi vanno a combattere, i primi rimangono in patria. Così non tralasciano né l’agricoltura, né la teoria e la pratica delle armi.Non hanno terreni privati o divisi, nessuno può rimanere più di un anno nello stesso luogo per praticare l’agricoltura.
Si nutrono poco di frumento, vivono soprattutto di latte e carne ovina, praticano molto la caccia. Il tipo di alimentazione, l’esercizio quotidiano e la vita libera che conducono accrescono le loro forze e li rendono uomini dal fisico imponente.
Sono abituati a lavarsi nei fiumi e a portare come vestito, in quelle regioni freddissime, solo delle pelli che, piccole come sono, lasciano scoperta gran parte del corpo.
Concedono libero accesso ai mercanti, più per aver modo di vendere il loro bottino di guerra che per desiderio di comprare prodotti.
(Tradotto ed adattato da Gaio Giulio Cesare, De bello Gallico, IV, 1-2.)
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