Un simpatico repertorio di risorse per la didattica
Erano i capei d'oro a l'aura sparsi (RVF, XC) è un sonetto di Francesco Petrarca, in cui il poeta ricorda la bellezza di Laura, descrivendola come un angelo. Parla dei suoi capelli d'oro sparsi al vento, degli occhi luminosi e del suo modo di camminare e parlare che sembra celestiale. Petrarca si innamora subito di lei, senza potersene meravigliare, e anche se ora Laura non è più la stessa, l'amore che lui prova resta forte, come una ferita che non si rimargina.
Erano i capei d'oro a l'aura sparsi
che ’n mille dolci nodi gli avolgea,
e ’l vago lume oltra misura ardea
di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi;
e ’l viso di pietosi color’ farsi,
non so se vero o falso, mi parea:
i’ che l’esca amorosa al petto avea,
qual meraviglia se di sùbito arsi?
Non era l’andar suo cosa mortale,
ma d’angelica forma; e le parole
sonavan altro che, pur voce umana;
uno spirto celeste, un vivo sole
fu quel ch’i’ vidi: e se non fosse or tale,
piaga per allentar d’arco non sana.
I biondi capelli di Laura erano sparsi al vento
che li avvolgeva in tanti boccoli soavi,
e il seducente fulgore di quegli occhi, ora assai meno luminosi,
scintillava in maniera straordinaria;
e mi sembrava che il viso, non so se davvero
o solo nella mia immaginazione, si colorasse di pietà;
io, che avevo deposta in cuore l'esca amorosa,
c'è forse da meravigliarsi se subito avvampai d'amore?
Il suo incedere non era quello di un corpo mortale,
ma di un angelo celeste, e la sua voce
suonava come qualcosa di diverso dalla voce umana.
Uno spirito celeste, un sole splendente,
fu ciò che io vidi, e se anche ora non fosse più tale,
la ferita non si rimargina allentando l'arco.
Il sonetto è composto da 14 versi, tutti endecasillabi, organizzati in due quartine e due terzine con lo schema metrico: ABBA, ABBA; CDE, DCE.
Petrarca loda la bellezza angelica di Laura e giustifica il suo amore verso la donna. Nel farlo introduce il tema della memoria, rielaborando la figura della donna-angelo secondo il proprio stile. L'uso prevalente dell'imperfetto ("erano", "avolgea", "ardea") richiama un passato idealizzato, che sottolinea la distanza temporale e il ricordo, mentre i pochi verbi al presente ("non so se vero o falso") mettono in luce l'incertezza e il dubbio del poeta.
Petrarca usa un linguaggio raffinato, caratterizzato da un lessico elevato e spesso prezioso, che contribuisce a creare l’aura ideale e angelicata di Laura. Laura viene descritta in modo quasi divino, con caratteristiche angeliche ("d'angelica forma", "uno spirto celeste"). Questo non è solo un elogio della bellezza fisica, ma diventa simbolo di una perfezione inaccessibile.
Il sonetto, pur parlando dell'amore per Laura, riflette il conflitto interiore di Petrarca tra desiderio terreno e aspirazione spirituale, un tema che attraversa tutta la sua produzione poetica.